Piena rivalutazione dei vitalizi, un privilegio inaccettabile

In queste settimane è in pieno svolgimento la mobilitazione nazionale
di Cgil, Cisl e Uil in difesa dei redditi dei lavoratori e dei
pensionati, falcidiati da un’inflazione che viaggia a doppia cifra, dal
mancato rinnovo dei contratti, che penalizza milioni di lavoratori
dipendenti, dalla precarietà  e dal lavoro povero. E anche, nel caso dei
pensionati, da un meccanismo di rivalutazione degli assegni che consente
un recupero solo parziale dell’inflazione. È soprattutto in fasi e
contesti come questi che l’esistenza di disparità  e privilegi crea
malcontento, rabbia e alimenta la disaffezione dei cittadini nei
confronti della politica e delle istituzioni, quando quelle disparità  e
quei privilegi sono dovuti a scelte di chi è eletto per amministrarci e
governarci. È sicuramente questo il caso della norma che consente la
piena rivalutazione all’inflazione dei vitalizi degli ex consiglieri e
assessori regionali.
Non entriamo nel merito della legittimità  di questo trattamento
previdenziale integrativo rispetto alle pensioni da lavoro di chi siede
in Consiglio o nella Giunta: è un tema a lungo dibattuto e la Cgil si è
sempre espressa a favore di una copertura previdenziale degli anni di
servizio dedicati alla politica attiva, sollecitando a più riprese, nel
contempo, l’adozione di un meccanismo di calcolo rigorosamente
contributivo dei vitalizi. Soluzione, questa, alla quale ci si è
avvicinati con la legge del 2019. Quello che fa specie, però, è che
quella norma consenta una piena rivalutazione dei vitalizi
all’inflazione, cosa che nemmeno il più generoso dei meccanismi
perequativi ha mai previsto per le pensioni da lavoro, rivalutate con un
meccanismo che attualmente prevede l’applicazione piena del tasso
d’inflazione  solo per gli assegni fino a 2.100 euro lordi. Premesso che
quel tasso quest’anno corrisponde al 7,3%, e non all’8,1% applicato per
i vitalizi, la rivalutazione scende progressivamente a seconda del
reddito: chi percepisce più di 2.100 euro lordi, ad esempio, si è visto
rivalutare la pensione solo del 6,2%, chi supera i 2.600 euro del 3,9%,
fino ad arrivare a una rivalutazione del 2,3% per gli assegni superiori
ai 5.250 euro lordi mensili. Fascia, questa, nella quale ricadono molti
vitalizi regionali, rivalutati quest’anno con percentuali dell’8,1%. Una
disparità  inaccettabile e che va cancellata, seguendo senza se e senza
ma l’esempio di altre regioni o limitandosi ad applicare alla
perequazione dei vitalizi il medesimo meccanismo adottato per la
rivalutazione delle pensioni Inps.
Si tratta semplicemente di applicare ai vitalizi lo stesso
trattamento riservato alle altre pensioni. In un momento in cui oltre 7
milioni di lavoratori dipendenti sono in attesa del rinnovo del loro
contratto nazionale, senza dimenticare autonomi e partite Iva, alle
prese con un insostenibile aumento dei costi dell’energia e delle
forniture, e i milioni di pensionati i cui assegni non arrivano a mille
euro al mese, la politica ha il dovere prima di tutto etico di negarsi
qualsiasi privilegio.
Villiam Pezzetta, segretario generale Cgil Fvg
Roberto Treu, segretario generale Spi Cgil Fvg