No alla manovra, lunedì 12 sciopero di tre ore

«C’è un clamoroso scarto tra gli obiettivi dichiarati del nuovo Governo e le scelte concrete con cui vengono perseguiti, perché esiste un’evidente squilibrio tra le misure per il risanamento e quelle che avrebbero dovuto garantire più equità, una maggiore sostenibilità sociale della manovra e l’indispensabile sostegno alla crescita». Il segretario regionale della Cgil Franco Belci commenta così le novità previste dalla manovra presentata ieri dal Governo, contro la quale Cgil, Cisl e Uil hanno proclamato uno sciopero di 3 ore (4 a Pordenone) per lunedì 12 dicembre (le modalità e la durata dell’astensione possono variare da settore a settore come tra provincia e provincia: vedi lo schema relativo al Fvg)
La Cgil, da parte sua, chiede profonde modifiche, prima che il testo definitivo della manovra venga varato e successivamente, in sede di dibattito parlamentare. «L’obiettivo del risanamento – prosegue Belci – può e deve essere perseguito con strumenti diversi. C’è infatti poco coraggio sul fronte dell’evasione fiscale, come dimostra l’elevato tetto di 1.000 euro stabilito per le operazioni in contante, contro i 500 preventivati, e una distribuzione del carico fiscale che continua a penalizzare i redditi più bassi, colpiti dall’aggravio dell’addizionale regionale e da un’impostazione generale, dalle aliquote Irpef all’Ici, che non colpisce come si sarebbe dovuto i patrimoni e le grandi ricchezze».
Ma le novità più pesanti, per la Cgil, sono quelle sulla previdenza: «Che colpiscono duramente – spiega il segretario – sia i pensionati di oggi che quelli di domani». Sotto accusa l’innalzamento a 41 anni della soglia contributiva per i trattamenti di anzianità, i nuovi tetti per le pensioni di vecchiaia e la mancata indicizzazione delle pensioni al costo della vita, che determineranno un’ulteriore perdita di potere d’acquisto per vaste fasce di pensionati anche in regione: «Quella di limitare gli scatti Istat agli assegni sotto i 936 euro è una scelta controproducente, oltre che iniqua, perché determinerà un’ulteriore caduta dei consumi, aggravando ulteriormente le prospettive di ripresa».