Grande successo per la Festa regionale di Liberetà  a Ruda

Neppure il maltempo e gli acquazzoni dei giorni precedenti hanno rovinato la 4ª festa regionale di Liberetà, che si è svolta il 9 settembre a Ruda. Inagibile per fango il Parco dell’Unità di via Torre, lo Spi non si è perso d’animo e in fretta e furia ha riorganizzato il tutto presso l’oratorio di Ruda. Una festa pienamente riuscita con un dibattito interessante sul tema dell’informazione condizionata, seguitissimo dalla folta presenza di iscritti e attivisti.
MEDEOT. Il segretario generale dello Spi Fvg Ezio Medeot ha introdotto i lavori descrivendo subito il tema centrale: «Il disegno di legge sulle intercettazioni mette in difficoltà i magistrati perché vuole tagliare un prezioso strumento d’indagine, ma toglie anche il diritto della gente di essere informata perché mette il bavaglio ai giornalisti. Non solo – ha proseguito Medeot – ma si vuole anche addomesticare la stampa a piacimento del manovratore, utilizzando quella amica come una clava contro gli avversari politici. Ma le nostre lotte hanno portato al rinvio della discussione. Ora bisogna continuare a vigilare per far ritirare il disegno di legge».
IL SINDACO. C’è stato quindi il saluto del sindaco di Ruda, Palmina Mian, che dopo aver sottolineato l’importanza del ruolo del sindacato, ha parlato della classifica mondiale per pluralismo e libertà di stampa, ricordando che l’Italia è appena al 40° posto dietro a paesi sudamericani e africani. «Ma a sentire Berlusconi – ha detto la Mian – di libertà di stampa ce n’è perfino troppa! In realtà non si parla mai dei veri problemi della gente e delle difficoltà dei Comuni. Eppure la libertà di stampa dovrebbe essere una ricchezza, non un problema. E non è una questione di destra o sinistra, basta vedere cosa accade negli altri paesi. Certo, sulle intercettazioni bisogna evitare abusi e eccessi, ma che ce siano troppe è un falso di stato, perché solo lo 0,2% della popolazione è intercettato. Tutto questo, assieme alle leggi ad personam, fanno dell’anomalia berlusconiana un regime».
IL GIORNALISTA. E’ intervenuto poi Paolo Serventi Longhi, che per 12 anni ha guidato la Fnsi (il sindacato dei giornalisti) e attualmente è direttore di Rassegna Sindacale. «Basta vedere una recente inchiesta di Panorama – ha detto Serventi Longhi – per capire come si usino articoli a tesi per delegittimare il sindacato. La manipolazione dell’informazione sta diventando insopporabile, non si può mentire ogni sera alla tv per fare favori al potere. In Italia il sistema informativo è bloccato e condizionato da un unico padrone: non è concepibile che una sola persona, che è anche il capo del governo, controlli il sistema dell’informazione». Serventi Longhi ha poi lanciato un allarme: «Ci sono leggi ad personam e leggi ad aziendam, come la Gasparri: la pubblicità che finisce tutta a Rai e Mediaset, fa morire tutte le altre realtà. Ci sono tanti giornali grandi e piccoli che stanno per chiudere, e così le opinioni diverse dal governo spariscono. Le intercettazioni? Quando è necessario devono essere pubblicate: il sindacato indicherà ai giornalisti di fare il loro mestiere a costo di carcere e multe. Serve una mobilitazione forte: se la legge è ferma è a causa della mobilitazione di popolo. Ma bisogna lottare perché le cose si sappiano».
IL MAGISTRATO. Il magistrato Francesco Antoni ha fatto un intervento chiarificatore sul disegno di legge sulle intercettazioni. «Nella mia esperienza di giudice nel penale a Caltanisetta e a Trieste, ho toccato con mano l’importanza delle intercettazioni e il loro impatto sull’informazione. Noi magistrati siamo produttori di conoscenza, quindi soggetti fastidiosi per chi è al potere. Ma non è colpa nostra se gli affari illeciti a volte si intrecciano con il potere. La magistratura dà fastidio perché è ancora un corpo libero che non dipende da nessuno. La legge sulle intercettazioni punta non solo a scongiurare il pericolo che vengano pubblicate, ma anche fatte. La tutela della privacy è una cosa seria, ma cosa c’entra con la limitazione delle intercettazioni? Una cosa è la pubblicazione, un’altra lo strumento di indagine. Temo quindi che la tutela della privacy venga sbandierata come schermo per togliere un prezioso strumento di indagine». Antoni lancia poi un monito: «Attenti poi ai numeri che vi danno, quelli si possono maneggiare. E riguardo ai costi, è vero che sono care. Ma perché non si fa come in altri paesi  dove l’uso per indagini è gratuito? In fondo i gestori telefonici lavorano su concessione pubblica, si potrebbe fare. Senza pensare a cose ridicole nella pratica  come i tempi limite per le indagini estremamente ridotti. Il legislatore, invece di mettere i bastoni fra le ruote, dovrebbe piuttosto occuparsi delle nuove forme di comunicazione».
IL SINDACALISTA. E’ toccato infine a Riccardo Terzi, della segreteria nazionale dello Spi Cgil tirare le conclusioni. «Importante aver messo insieme due argomenti come magistratura e informazione – ha sottolineato Terzi – perché in uno stato di diritto è importante mantenere l’autonomia dei vari organi. La democrazia ha un senso se c’è informazione: bisogna conoscere i problemi e discuterne. E’ tipico invece delle forme di potere autoritarie tenere sotto controllo l’informazione. La qualità democratica di un paese infatti si vede anche dalla libertà di informazione, e sotto questo aspetto in Italia c’è allarme. In tv i problemi non sono solo i tg, ma anche il modello culturale che si fornisce al paese. Bisogna organizzare una controinformazione, serve un lavoro di massa per contrastare quotidianamente queste forme di autoritarismo, insomma serve una battaglia politica per la libertà di informazione». 
SOSTEGNI. A fine dibattito, sono poi intervenute Stefania Stolff per dare sostegno alla vertenza dei metalmeccanici, e Adriana Merola per promuovere la raccolta di firme contro il nucleare e a sostegno della proposta di legge per l’energia pulita.